sabato 9 febbraio 2019

Idromele la bevanda degli Dei


L’idromele, parola che deriva dal greco ὕδωρ, hýdor “acqua” e μέλι, méli “miele”, è sicuramente il prodotto fermentato più antico del mondo ed anche il più facile da preparare perchè dove ci sono api c’è miele.

Nell’antichità era anche conosciuto come “la bevanda degli dei”, non si hanno notizie certe sul periodo in cui l’uomo imparò o scoprì come poterlo fare, ma certo è che risale ai tempi dei tempi.



Si hanno notizie di un idromele dell’antico Egitto, dell’antica Grecia, dell’Inghilterra celtica, della Scandinavia vichinga, degli antichi slavi e probabilmente ne esistono e ne sono esistiti molti prodotti anche in altri luoghi di cui a noi non sono giunte notizie.

L’idromele nella cultura norrena (scandinava) precristiana, sia nella letteratura che nella mitologia, era conosciuto come la bevanda dei re, la bevanda prediletta del dio Odino e di altre creature non umane : una antica leggenda narra che due nani uccidano il vate Kvasir e dal suo sangue ricavino l’idromele, fonte di sapienza e poesia.

Leggendo qua e là scopriamo l’importanza che l’idromele rivestiva nelle società nordiche specie nel popolo vichingo che aveva sale dove anticamente si festeggiava e si banchettava per festeggiamenti religiosi o successi bellici, dette “Sale dell’Idromele”.

Era tradizione e consuetudine, in molte regioni d’Europa, dare alle coppie appena sposate abbastanza idromele per un mese, per garantire felicità e fertilità, da qui la leggenda fa derivare il termine “luna di miele”, anche se etimologicamente nessuna teoria è a supporto di tale origine.

Non ci sono segreti particolari, se non la pazienza perchè la fermentazione è un processo lungo anche della durata di due tre mesi e così pure la sua maturazione che è meglio sia superiore ai sei mesi per avere alla fine un prodotto che soddisfi il nostro palato e le nostre aspettative.


La ricetta base richiede semplicemente miele, acqua e lievito; vi sono alcune varianti come il braggot (miele e malto), il melomel (miele e frutta) e il metheglin (miele e spezie).
Dovete avere a disposizione una damigiana da 5 litri in vetro, con tappo e gorgogliatore,il tutto ben sanificato.
Ho utilizzato 3 litri di acqua portata a 90° nella quale ho immesso due kg di miele, precedentemente messo a bagnomaria per renderlo più fluido : mescolato bene e lasciato 10 minuti a questa temperatura per eliminare l’effetto negativo dei batteri e dei lieviti selvaggi presenti nel miele.
Preferisco questo metodo, che uso anche nella birrificazione, perchè la pastorizzazione del miele elimina aromi profumi e caratteritiche dello stesso miele utilizzato. Dopo il raffreddamento del composto, lo trasferisco nella damigiana da 5 litri già preparata per accoglierlo.



Nel mio idromele ho utilizzato due tipi di miele millefiori del trentino e un miele di ciliegio e melo, per avere un aroma deciso e delicato : spero che il risultato sia come da me previsto e alla fine la bevanda dovrebbe aggirarsi tra i 13 ei 15 gradi alcolici, alla fine il nostro idromele dovrebbe essere un demisec appena dolce. C’è una formula che basandosi sulla quantità di zucchero residuo e la quantità di miele utilizzato per il grado alcolico finale mi permette di prevedere l’intensità della sensazione dolce nell’idromele finito.
Dopo avere raffreddato il tutto fino a raggiungere circa i 20° gradi, ho inoculato il lievito reidradato in precedenza una bustina di SafAle S04 che gli homebrewers americani usano addirittura per brassare le loro Barley Wine poichè pare “mangiare” tutto quello che trova.


Ho misurato la densità iniziale che è di 31 brix ( 1.135 SG o 31,2 gradi Plato ). Avrei dovuto aggiungere dei nutrienti per il lievito che purtroppo non avevo : ho ovviato con una buona “ossigenazione” agitando bene la mia damigiana e aggiungendo alla fine della prima giornata altri 3 grammi di lievito Baianus, un lievito per la vinificazione che tollera anche 16° gradi alcolici, che immediatamente ha fatto sentire la sua voce.


Ho seguito nei primi giorni l’andamento della fermentazione sia come studio essendo la prima volta che mi cimentavo nella produzione di idromele, sia per avere un diario e annotare con precisione l’evolversi della situazione per avere un paragone di confronto in futuro o per valutare altre esperienze di chi ha già fatto idromele.


Per ora tutto pare procedere, appena le condizioni me lo permetteranno provvederò a fare un primo travaso per separare il fondo dai lieviti oramai non più attivi e dalle parti “solide” precipitate sul fondo, sia per pulire che per chiarificare il prodotto finale.
Il segnale che la fermentazione sta terminando dovrebbe essere la riduzione dell’emissione di bolle di anidride carbonica dal volume fermentante della massa, apprezzabile tramite il gorgogliatore: nel mio caso il gorgogliatore non suona nessuna musica particolare se non raramente, quindi mi baserò sul dato visitvo controllando il fondo della damigiana e la limpidezza del liquido oltre al dato empirico della misurazione della densità oggettiva raggiunta.



Dopo 4 settimane di fermentazione molti imbottigliano il loro idromele utilizzando bottiglie di vetro scuro, da chiudere ermeticamente e riporre in una cantina fresca. In tal caso, per evitare scoppi è consigliato provvedere di tanto in tanto alla sfiatatura delle bottiglie.
Dopo circa 3 o 4 mesi l’idromele è pronto per il consumo, però risulterà ancora molto dolce e “acerbo”, ma sarà già gradevole per poterlo assaggiare insieme agli amici. Da questo momento in poi ogni mese passato in cantina ad invecchiare non farà altro che migliorarne il sapore, rendendolo sempre più secco e anche più alcolico. Io preferisco aspettare un po’ di più già durante la fase della “fermentazione” per evitare scoppi inattesi.


L’idromele, una volta conclusasi la fermentazione, prima di essere imbottigliato e quindi consumato fresco o all’invecchiamento, deve rimanere in ambienti freschi, al riparo dalla luce del sole e con un’umidità elevata per far risaltare gli aromi terziari, che contribuiscono al bouquet elaborato e profondo che valorizza al massimo il lavoro magnifico delle api e quello successivo che si realizza in cantina.




Ad oggi 18 Gennaio 2014 la situazione procede così : OG 1.135 gradi Plato 31,2 >> SG 1.042 – Gradi Plato 10.6 – Alcool 12,48% – Attenuazione Reale 56,47%


Il 16 Febbraio 2014 il processo si può considerare concluso e la fase successiva, tramite filtrazione dell'idromele, è quella dell'imbottigliamento.

OG 1.135 gradi Plato 31,2 >> SG 1.000 – Alcool 18,18% – Attenuazione Reale 81,96%

Il mio è un idromele secco perche la FG è < 1.010 ,  con FG tra 1.010 e < 1.020 sarebbe stato medio o demi-sec, con FG > 1.020 invece si considera dolce.


Ho usato bottiglie "piccole" da 0,5 o da 0,33, ottime son le champagnotte da 33 cl : ricordate che una volta aperta la bottiglia, poichè il contenuto tende ad ossidare assai velocemenre, si deve consumare nel giro di poche ore.

Lasciare maturare in bottiglia per almeno 1 anno, se riuscite meglio 2.



domenica 3 febbraio 2019

Interpretare le ricette per panificare e non solo

Ho molti interessi, appassionato cultore dell'homebrewing era quasi naturale sfruttare "i lieviti" anche per la parte solida delle fermentazioni e lievitazioni.
Seguo alcuni gruppi Facebook dove grazie alla condivisione e i suggerimenti/consigli dei più esperti si riescono a produrre a casa prodotti di notevole qualità, dal pane, ai dolci, ai grandi lievitati.
Noto però che molti, essendo alle prime armi, fanno molta fatica a capire spesso i termini tecnici e le sigle utilizzate per condividere le ricette che vengono pubblicate e messe a disposizione di tutti gli utenti iscritti, interessati e appassionati a questo hobby homemade.
Ecco l'idea di mettere a disposizione in un unico documento le parole e i termini che spesso diventano un ostacolo insormontabile per poter realizzare o seguire una ricetta.




Farina di forza W : W sta a indicare la forza di panificazione, in genere hanno amido (64-74%) e proteine (9-15%). W tra 90 e 160 sono farine deboli e assorbono il 50% dell'acqua, W tra 160-250 sono farine di media forza assorbono il 65-75% dell'acqua, W tra 250-310 sono farine forti assorbono il 65-75% dell'acqua, W superiore a 310 sono farine speciali, spesso usate in miscela con altre farine, assorbono fino al 90% dell'acqua.

Lievito : sono un gruppo di funghi della famiglia dei Saccharomyces Cerevisiae, usati per lievitare/fermentare pane e prodotti da forno e bevande alcoliche. Possiamo utilizzzare il lievito naturale (PML pasta madre liquida o Licoli, PMS pasta madre solida o PMD pasta madre secca o disidratata), il Lievito di Birra compresso (LDB) e il lievito Secco attivo (LSA), disidratato o istantaneo.

La pasta acida naturale, chiamata anche pasta madre, è un impasto di farina e acqua sottoposto a una contaminazione spontanea da parte dei microrganismi presenti nelle materie prime, provenienti dall'aria, dall'ambiente, dall'operatore, il cui sviluppo crea all'interno della massa una microflora selvaggia autoctona in cui predomina la coltura dei batteri lattici. Quinidi fermentazione lattica.
Saccharomyces Cerevisiae o Lievito di Birrae' probabilmente il lievito più importante nell'ambito dell'alimentazione umana:  il suo utilizzo è noto fin dall'antichità per la panificazione e la produzione di birra e vino. Si pensa che sia stato isolato per la prima volta dalla superficie di acini d'uva; è presente infatti nella pruina. E' il lievito principale della fermentazione alcolica.





Altre informazioni utili di cui tenere conto: la quantità di LDB da aggiungere dipende dall'idratazione dell'impasto, più è alta meno lievito è necessario; LSA disidratato necessita di riattivazione in soluzione zuccherina a 35 gradi per 10-15 minuti. Il rapporto tra LSA disidratato e LDB è di 1:2 , per 1 grammo di LSA servono 2 grammi di LDB.
Il lievito secco istantaneo non necessita di riattivazione,  il rapporto tra LSA istantaneo e LDB è di 1:2,5 , per 1 grammo di LSA istantaneo servono 2,5 grammi di LDB.





Autolisi: è l'azione che si ottiene mettendo insieme lo sfarinato con un liquido e in essa avverrà la lisi (scissione) e permette la completa idratazione dello sfarinato formando la maglia glutinica agevolando e abbreviando l'impasto finale. Si adopera per impasti molto idratati. 

Quando prepariamo un impasto, possiamo utilizzare il metodo diretto o il metodo indiretto (Biga o Poolish).


Preparare un impasto diretto per pizza/pane vuole dire inserire tutti gli ingredienti dell’impasto in una sola fase (rispettando sempre il seguente ordine: farina, acqua, lievito di birra, poi si lascia formare il glutine e poi si aggiungono il sale e la eventuale parte grassa). Dopo aver ottenuto questo tipo di impasto, si lascia riposare la massa per un tempo che varia a seconda della tipologia di prodotto che si vuole realizzare.




Metodo indiretto con BIGA

Questa tipologia di impasto professionale prevede una preparazione in due fasi. Nella prima fase si impastano acqua (45-55%), farina forte W > 300 e lievito in modo grossolano, con una determinata % di acqua; essi iniziano a fermentare lentamente e poi si lasciano riposare. La seconda fase prevede di mettere la biga in un’impastatrice aggiungendo la restante acqua, altro lievito, farina, il sale e la eventuale parte grassa. Una volta raggiunta la consistenza desiderata, si lascia riposare e poi si forma la pizza o il pane nella grammatura desiderata. Rispetto all’impasto diretto, questo metodo permette un uso minore di lievito, avendo come conseguenza una maggiore digeribilità del prodotto finito, gusto e profumi più intensi, un buon volume/alveolatura e una shelf life più lunga. Per questa tecnica occorrono più tempo a disposizione e l’impiego di una farina di maggiore qualità.




Metodo indiretto con poolish :

Un altro impasto indiretto è il poolish, se si vuole fare subito una distinzione tra biga e poolish si può dire che la diversità è nella consistenza: anche solo a livello visivo si può capire se si tratta di biga o poolish in quanto la prima si presenta come una massa molto dura e non compatta ma piuttosto sbriciolabile, mentre il secondo è una massa molto liquida. Per ottenere il poolish, infatti, si impastano farina e acqua in proporzione 1:1 e si aggiungono quantità di lievito minime (dallo 0,1% al 3%, variabile a seconda delle ore di lievitazione). La fase successiva alla preparazione del poolish prevede di impastarne una quantità che varia in relazione alla farina indicata sulla ricetta e di procedere quindi all’impasto definitivo.




Le Temperature sono un altro step importante e fondamentale per la riuscita dei nostri prodotti : TA indica la temperatura ambiente, TC la temperatura controllata in frigorifero;  TCI è la temperatura di chiusura impasto.
Per calcolare la TCI si moltiplica per 3 la temperatura voluta e si sommano i valori di TA - TF (farina) - TM (macchina) così avremo la temperatura dell'acqua da inserire.

Esempio : TCI 25 *3 = 75
TA 20 + TF 20 + TM 9 = 49
Temperatura H2O = 75-49 =26 gradi



Altri termini ostici per i neofiti sono la puntata, lo staglio e l'appretto di un impasto:
La puntata è la parte che intercorre tra la fine della lavorazione e lo staglio, che altro non è se non la divisione dell'impasto in panetti. La parte che intercorre invece dallo staglio alla stesura è chiamata appretto, ovvero il Tempo di lievitazione che va dalla formatura alla cottura dell'impasto.



Altri termini che possiamo trovare nelle indicazioni riportate in ricetta sono :

Cella Lievitazione: luogo in cui gli impasti sono lasciati a maturare, un luogo climatizzato per temperatura ambiente e tasso di umidità. 
Esubero: viene chiamato esubero quel lievito madre non rinfrescato, in pratica quello in esubero rispetto alla dose da rinfrescare. C'è chi decide di scartarlo e chi invece lo riutilizza seguendo apposite ricette che tengono conto della sua scarsa forza.
EVO: Olio Extra Vergine di Oliva
Idratazione: Assorbimento dell'acqua da parte delle farine o dell'impasto
Idrolisi: Reazione chimica dove le molecole sono scisse in più parti per effetto dell'acqua.
Incisione: Taglio praticato sulla superficie del  pane, prima della sua cottura.
Incordare: Fase dell'impastamento in cui si forma la maglia glutinica, cioè quella struttura che conferisce all'impasto stesso elasticità.
Lievitino: Preimpasto tipo biga/Poolish da usare subito dopo che ha raggiunto la sua massima fase di lievitazione. In alcuni casi viene immerso in un recipiente con acqua dove scende al fondo e lo si adopera non appena torna a galla. 



Maglia Glutinicail glutine è un complesso proteico costituito da due proteine gliadina e glutenina), entrando in contatto con l'acqua e per azione meccanica si forma una struttura simile ad un gomitolo di lana; tenacia ed estensibilità dipendono anche dal valore P/L della farina adoperata. 
Malto: additivo usato in panificazione per dare nutrimento ai lieviti, Serve a migliora la lievitazione ed il sapore oltre a conferire al prodotto finito una bella crosta brunita. Lo si trova in polvere "malto diastasico" o in melassa "malto d'orzo". 



P/L: è l'indice di estensibilità delle farina, il rapporto che misura le proprietà della farina dove un valore 05 - 06 corrisponde ad una farina equilibrata : P/L maggiore di 0,7 farina resistente, P/L minore di 0,4 farina estensibile. Si tratta del rapporto tra la tenacità dell'impasto, ovvero la forza massima che l'impasto oppone alla deformazione, e l'estensibilità massima, ovvero l'entità della deformazione massima che l'impasto raggiunge prima di rompersi. Un'estensibilità elevata è importante nella pizza, e nei pani con mollica molto espansa, alveolata.
Pezzatura: quello che si ottiene dallo staglio, dividendo l'impasto in più parti
Pieghe di rinforzo: Sono particolari pieghe che vengono date alla massa di impasto per rafforzarne la struttura, possono essere di diverso tipo, la più comune e quella a fazzoletto o portafoglio. 




Pirlatura: Viene considerata una piega che chiude ed avvolge la massa di impasto in una palla liscia arrotolata sotto.
Reazione di Maillard: Colorazione della crosta in cottura, dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri e alla reazione fra zuccheri ed aminoacidi. 
Rinfresco : Operazione per rigenerare e nutrire il lievito madre con acqua e farina dandogli la forza giusta per essere adoperato. 
Riposo o fermo macchina: è un periodo di tempo variabile a temperatura ambiente necessario per rilassare o far lievitare l'impasto.
Salamoia: Miscela di olio EVO ed acqua calda in parti uguali con l'aggiunta di sale fino miscelata fino a renderla quasi una crema. Si adopera sulla pizza bianca o focaccia prima della cottura.
Water Roux: impasto gelatinizzato, è una miscela di acqua e farina preparata sul fuoco e poi aggiunta all'impasto.

Foto di V. Carcasi